3° TRATTO: da S. MARIA DI LEUCA ad OTRANTO

Partiamo da S. Maria di Leuca seguendo la litoranea, che in questo tratto diventa strada statale (quindi attenzione, anche perché non ci sono alternative) e si sviluppa panoramicamente lungo il profilo sinuoso della costa sempre alta.


Un paesaggio brullo e pietroso, interrotto qua e là da qualche macchia di verde, e spezzato a volte da profondi valloni come quello del Ciolo dai cui alti dirupi non è raro assistere ad incredibili gare di tuffi. Procediamo così fino a Tricase Porto, dove potremo fermarci per una breve sosta ristoratrice, o per visitare il vicino paese ammirando lungo la strada uno dei pochi esemplari di quercia vallonea (700 anni) del bacino mediterraneo.

 

  • Escursione facoltativa: Castrignano del Capo, Patù. Pochi chilometri di bici consentono di portarsi da Leuca a Castrigniano del Capo, prima, ed a Patù, subito dopo, dove si può ammirare quello che viene ritenuto il più antico edificio sacro di Puglia: Centopietre. A testimonianza della supremazia della sacralità dei luoghi sulle religioni, sorge di fronte all’interessante chiesa romanica di S. Giovanni; Centopietre è una importante costruzione messapica, forse dedicata al dio Sole, realizzata con grossi blocchi di tufo a secco e con una copertura a falda sostenuta da un architrave. Nata probabilmente come tomba di un capo messapico della vicina Veretum, fu riutilizzata ed affrescata in epoca bizantina.

Ancora pochi chilometri lungo la Serra Mito ed eccoci al bivio per Andrano, poco prima della omonima marina e proprio sulla straordinaria Grotta Verde dai riflessi fosforescenti che rende tutto come alabastro.


Purtroppo non ci sono indicazioni e la grotta bisogna un po’ cercarsela; inoltre, per raggiungerla, l’ultimo tratto bisogna farlo a nuoto.


Riprendiamo il percorso in un paesaggio che si fa sempre più pittoresco con i famosi “orti” e le terrazze recintate dai muretti a secco che preannunciano l’arrivo a Castro, la Portofino del Sud, fondata dai cretesi e già apprezzata dai Romani (il nome deriva appunto da Castra Minervae) che conservò un ruolo primario fino a tutto il XVII secolo come testimoniano il Castello e le fortificazioni ancora ben conservate.

Attraversiamo Castro senza fermarci per concederci una sosta più lunga un chilometro dopo, presso la Grotta di Zinzulusa, l’unica visitabile di una serie di famose grotte (Rotundella, Romanelli, Cervo) che caratterizzano il tratto di costa fino a Capo d’Otranto.

La Zinzulusa, che prende il suo nome dalle stalagmiti dette “zinzuli” (stracci penduli), deve la sua importanza al notevole valore scientifico della sua fauna interglaciale ed ipogea molto rara anche se l’interesse che suscita è tipicamente turistico grazie alle sue concrezioni stalattitiche, ai pipistrelli che la popolano a centinaia ed al laghetto carsico che ospita l’ultimo esemplare di una fauna di oltre duecentomila anni fa, il pesciolino cieco. La grotta Zinzulusa, attualmente, costituisce l’unica grotta attrezzata e visitabile con un mare azzurro e profondo nel quale ci si può tuffare da qualsiasi altezza, oppure ammirare quelli che lo fanno.

Terminata la visita, il bagno ed il ristoro riprendiamo la via seguendo dalla strada il percorso della gara di nuoto Zinzulusa-Archi per ritrovarci così a S. Cesarea Terme, una stazione termale di acque solfuree che sgorgano da quattro grotte marine a poca distanza l’una dall’altra.

Lasciata S. Cesarea seguendo promontori e calette in un paesaggio selvaggio ed assolato, quasi desertico, raggiungiamo rincorrendo curva dopo curva splendidi panorami Porto Badisco, un vero e proprio fiordo scavato da un antico fiume, oggi sotterraneo, riparo ed approdo di quanti vengono dall’Est, dal mitico Enea agli sventurati albanesi dei nostri giorni.

Qui tutto è migliore, il mare è più azzurro, gli oleandri più profumati, il pesce più fragrante, i ricci più saporiti (non si può andar via senza assaggiarli). Di fronte poi, celata nella pineta, c’è la Grotta del Cervo, un complesso di grotte di eccezionale valore sulle cui pareti si trovano dipinti e graffiti raffiguranti cervi e scene di caccia in ottimo stato di conservazione.

Il complesso, che non è visitabile, è datato dal 4000 al 2000 a.C. e dimostra di essere stato abitato fino oltre il neolitico. Una lunga ma dolce salita ci porta quindi a Capo d’Otranto, punto d’incontro naturale dell’Adriatico con lo Jonio, da dove potremo ammirare il profilo dei monti albanesi, tempo permettendo.


Pochi chilometri ancora ed eccoci al colle di Minerva, dove la chiesa di S. Francesco ricorda il sacrificio dei Martiri d’Otranto, uno dei più cruenti attacchi saraceni che provocò la morte di ben 12000 otrantini.

Sotto il colle, distesa nella valle dell’Idro, ecco Otranto con il suo impianto urbano perfettamente fedele a quello ricostruito dopo la liberazione dai Turchi; con le mura, le viuzze strette, il castello, edificato da Alfonso d’Aragona, e soprattutto con l’originale cattedrale in stile paleocristiano fatta costruire da Ruggero il Normanno nel 1080.

All’interno la cripta e lo splendido pavimento a mosaico eseguito dal monaco Pantaleo, raffigurazione unica dell’Albero della Vita, compendio di tutte le allegorie risalenti ai cicli alessandrino, carolingio e bretone.

Meritevole di essere visitata è anche la chiesa bizantina di S. Pietro per l’assoluta coerenza stilistica.